“Questo 11 maggio 2016 è un giorno che rimarrà nella nostra memoria come un gran giorno. Oggi il Parlamento italiano, dopo trent’anni esatti dalla prima proposta di legge in Senato e dopo ventotto anni dalla prima legge danese sulle unioni registrate – approverà una legge sulle unioni civili tra le coppie dello stesso sesso”. Lo scrive sul suo profilo Facebook il senatore PD Sergio Lo Giudice.
“Non è la legge che avremmo voluto, non è la legge per cui ci eravamo battuti – prosegue Lo Giudice, che dal 1998 al 2007 é stato presidente di Arcigay. – È una legge vecchia di vent’anni che impallidisce di fronte alla scelta di estendere il matrimonio civile alle coppie dello stesso sesso che dalla sorprendente e pionieristica Olanda del 2001 ha raggiunto pochi giorni fa la Colombia passando per quasi tutta l’Europa, per quasi tutta l’America, per paesi agli antipodi fra loro, dal Sudafrica alla Nuova Zelanda. Eppure questa legge, che riconosce alle coppie gay e lesbiche gli identici diritti del matrimonio lasciando fuori l’intera materia della filiazione e dell’adozione sarà ricordata come una pietra miliare per la storia civile italiana. La legislazione Italiana prende atto dell’esistenza di gay e lesbiche, riconosce il loro diritto a costituire una famiglia e dà a questa famiglie uno statuto matrimoniale. Questa data non ricorderà un punto d’arrivo, ma uno spartiacque. Non ricorda una vittoria ma l’avvio di una lotta la data del 28 giugno 1969, la prima rivolta gay, lesbica e trans contro la repressione pubblica, a cui tante altre repressioni e rivolte e giornate dell’orgoglio LGBT hanno fatto seguito ma la cui funzione di motore di cambiamento è giustamente celebrata ogni anno. Non é stato un punto di arrivo il 17 maggio del 1990, data in cui l’organizzazione mondiale della Sanità ha cancellato l’omosessualità dall’elenco dei disturbi mentali. Ma quella data è entrata nella memoria di lesbiche, gay, bisessuali e trans di tutto il mondo come la fine di un’odiosa classificazione e l’ingresso ufficiale dell’omosessualità fra le varianti naturali del comportamento umano. Anche oggi non celebriamo una vittoria, ma l’avvio dell’ultimo tratto della battaglia. Non abbiamo raggiunto la cima, ma abbiamo conquistato un’altura importante e strategica, da cui non riusciranno più a ricacciarci indietro. Lo sanno bene i nostri detrattori, a partire dalla CEI che infatti ieri ha dichiarato la propria sconfitta presentandola come una sconfitta di tutti. Da oggi siamo più forti, è più forte la cultura dei diritti, sarà più forte e riconosciuto il posto nel mondo di ognuno di noi. Grazie ai nostri figli e alle nostre figlie, che sono stati al nostro fianco e sono stati esclusi da questa legge. Soprattutto per loro, da questa altura, andremo avanti senza fermarci un giorno, finché la loro piena dignità, la nostra piena dignità, non sarà riconosciuta”.